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Furti compulsivi - Storia di un contabile dipendente


Di Davide Illarietti 09/10/2022 – Pubblicato su “La Domenica” (Corriere del Ticino)

Interventi della D.ssa Lara Banchieri e Nicolas Bonvin

Ruba mezzo milione al datore di lavoro - Storia di un contabile shopping-dipendente


Sepolto in casa, come nella famosa docu-serie americana. Sommerso non dai rifiuti, ma da telefoni d’ultima generazione e relative custodie. Intatte. Gli iPhone, nascosti nella sua abitazione e recuperati dalla polizia, erano ancora impacchettati come appena usciti dal negozio, anche se erano stati acquistati magari anni prima e lì giacevano inutilizzati, tra la polvere, da tempo immemorabile. Idem per il resto: computer, macchine fotografiche, un casco da Formula 1 replica di quello del pilota Charles Leclerc. Una volta scoperto, non ha negato nulla. Colpa del «vizio», ha spiegato.


Il vizio degli acquisti


Non tanto il vizio di rubare. Anche, sì. Ma soprattutto di acquistare. Freneticamente e rabbiosamente, per lo più su Internet. Nell’epoca di Amazon e Zalando nessuno ne è del tutto immune: ma lui, insospettabile impiegato di un’azienda del Luganese, ci aveva preso un po’ la mano. Secondo il Ministero Pubblico, per soddisfare la smania di acquisti avrebbe derubato «sistematicamente» l’azienda per cui lavorava, attiva nel settore automobilistico, nell’arco di un decennio.


Di professione contabile, italiano residente oltre confine, è finito sotto inchiesta per una serie lunghissima di malversazioni il cui principio esatto si perde tra le pieghe dei conti e della memoria. Nemmeno l’interessato, reo confesso e collaborativo, è stato in grado di ricordare di preciso come e quando è iniziata. L’istruttoria si è conclusa il mese scorso. Ammanco totale: circa 600 mila franchi.

L'interessato dovrà rispondere di malversazioni consumate nell’arco di dieci anni.

Spese folli


Soldi che il contabile non sottraeva direttamente dalle casse dell’azienda, ma che tramite false fatturazioni utilizzava per farsi recapitare merce di ogni tipo e soddisfare la sua dipendenza da shopping compulsivo. Tecnologia - tanta, troppa - e non solo. Appassionato di tuning, aveva acquistato diversi dispositivi per «truccare» e abbellire la propria auto. Ma l’impulso all’acquisto superava le sue possibilità di godimento, oltre che di spesa: buona parte del maltolto è andato quindi a stiparsi nella sua abitazione in provincia di Varese, inutilizzato.


Un nuovo telefono ogni sei mesi, reflex di ogni marca e tipologia, biciclette elettriche di ultima generazione. La passione per l’optional e l’aggiornamento ora rischia di costare cara - ma è un problema anche per molte persone che non finiranno mai in carcere, si spera.

4,8% - I consumatori svizzeri con abitudini problematiche secondo l’UFSP (2020)

Fenomeno diffuso


Stando ai dati dell’Ufficio federale di sanità pubblica (UFSP) in Svizzera circa il 4,8 per cento dei consumatori ha comportamenti di acquisto problematico. Secondo l’ultima indagine Monam pubblicata nel 2020, il 3,8 per cento espleterebbe il «vizio» in negozi fisici, il 2,5 per cento online e l’1,8 per cento in entrambi. Su 1.012 intervistati, 49 hanno affermato che il proprio benessere era «compromesso» dal bisogno di fare acquisti. Non esistono dati a livello ticinese: il centro Ingrado sulle nuove dipendenze ha trattato finora pochi casi nonostante si tratti di «una problematica sicuramente molto più diffusa di quanto si pensi» spiega l’esperto Nicolas Bonvin.


«I comportamenti di acquisto compulsivo sfociano spesso nell’indebitamento e può succedere che, come accade sovente anche per le dipendenze da gioco, chi ne soffre arrivi persino ad atti illeciti. Magari con l’intenzione di risarcire al più presto le vittime».


Al contrario, in genere la storia finisce con il dissesto economico e la perdita del lavoro, se non peggio. Così è successo anche al contabile del Varesotto. Scoperto dai colleghi che, nel corso di verifiche interne, hanno notato delle anomalie nei conti, è stato denunciato e licenziato. Ora è seguito da una psichiatra. Spetterà al Ministero Pubblico - l’indagine è stata coordinata dal procuratore Daniele Galliano - stabilire in che misura è «scusabile» e imputabile.

Parola agli esperti


S«Casi estremi, ma il problema è diffuso. Internet e pandemia hanno peggiorato le cose» Ne soffrono soprattutto le donne, età media 35-40 anni. Ma anche tra gli uomini prende sempre più piede. L’acquisto compulsivo non è una debolezza occasionale o il «click» facile da e-commerce, che tutti i consumatori - chi più, chi meno - oggigiorno sperimentano. «La forma patologica si presenta con caratteristiche precise e studiate» spiega Lara Banchieri, psicologa di Lugano specializzata in disturbi comportamentali.


«Gli attacchi - aggiunge - possono durare diverse ore e lasciare la persona completamente disorientata, inconsapevole di quello che ha fatto». 


Seguono rimorsi e vergogna, motivo per cui i dipendenti da shopping tendono a rimandare il più possibile la terapia. «I casi conclamati arrivano da noi in genere a uno stadio avanzato, dopo anni di latenza» continua l’esperta. E i danni sono spesso importanti. «Nella mia esperienza le persone tendono quasi sempre a indebitarsi e a isolarsi socialmente». Una dipendenza «subdola» in quanto «non sono coinvolte sostanze o comportamenti di per sé illeciti» quindi i campanelli d’allarme scattano più tardi e «il problema è sicuramente sottostimato», sottolinea Banchieri


Anche per Nicolas Bonvin (Ingrado) il fenomeno è più diffuso di quanto si possa credere: «Esistono dei meccanismi di autoregolazione, e la credenza generale che non si tratti di una malattia. Per cui molte persone non pensano nemmeno di intraprendere un percorso di cura». I sondaggi mirati condotti tra i consumatori rivelano le proporzioni di un disagio che, rimarca Bonvin, è innanzitutto figlio dei tempi. 


«Nella nostra società consumistica lo stimolo all’acquisto è costante, e amplificato dall’uso di Internet e dei telefonini». Il marketing pervasivo alimentato dagli algoritmi dei social network funziona come una «trappola psicologica» per gli individui più fragili. 



Una tendenza che, prosegue l’esperto, «ha ricevuto sicuramente una forte spinta dalla pandemia. Ce ne accorgiamo anche per il gioco d’azzardo online». Lo shopping compulsivo su Internet o in negozi fisici diventa così «quasi una forma di antidepressivo» conclude Bonvin.

 

«Un sollievo momentaneo che in realtà crea solo nuovi problemi». A volte anche giudiziari.

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